Good - Piero Golia c'era... 2012 © - Gianluca Salvati

martedì 15 maggio 2012

Lo scandalo della P2, la loggia infame | La legge Spadolini sulle "logge coperte"

Nel processo di restaurazione tradizionale e di definizione di un'identità consona ai tempi nuovi non ha certamente giovato alla Massoneria italiana la vicenda della P2 che, per quanto la si possa interpretare come una “deviazione”, ha comunque messo in luce anche per gli stessi affiliati la presenza nell'Ordine di uno spregiudicato settore affaristico e addirittura eversivo. In ogni caso la reputazione della Massoneria ne è uscita fortemente compromessa, nonostante il Grande Oriente si sia adeguato alle disposizioni della cosiddetta “legge Spadolini sulla P2” (1982) che ha vietato, con quella incriminata, le logge “coperte”, e preteso che siano accessibili le liste degli affiliati.

Giovanni Spadolini, partito repubblicano

Massoneria, le logge "coperte" - Loggia P2 e CIA

I giudici che si sono occupati della strage di Bologna hanno scritto: “Nel contesto di una generale attenzione rivolta da Gelli agli ambienti militari, assume una concatenazione specifica quella dedicata alla ristretta èlite di ufficiali succedutisi al comando dei vari servizi di sicurezza. La relazione della commissione di inchiesta è pervenuta a due interessanti conclusioni: Gelli appartiene ai servizi e ne è il vertice; la Loggia P2 e Gelli sono espressione di una influenza che la Massoneria americana e la CIA esercitano su Palazzo Giustiniani, sin dalla sua riapertura nel dopoguerra”.


La stazione di Bologna il gorno della strage

Massoneria - La Loggia Propaganda: Licio Gelli e i fratelli coperti

Della nota sigla P2 la P significa “Propaganda”. È il nome di una loggia nata nel 1877 allo scopo di “tenere attivi e vincolati all'Ordine e in corrispondenza diretta con il Grande Oriente gli uomini che per la loro posizione sociale non avrebbero potuto iscriversi nelle logge ordinarie e frequentarne i lavori” (U. Bacci, Il Libro del Massone Italiano, Bologna, 1972). Il clima storico è quello in cui molti affiliati alla Massoneria giocarono un ruolo importantissimo nell'assestamento dello Stato unitario. Fra i membri di questa loggia si possono infatti ricordare i nomi di G. Garibaldi, dei politici A. Saffi, G. Zanardelli, A. Bertani, e F. Crispi, del filosofo del diritto G. Bovio e del poeta G. Carducci. Che ci possano essere “posizioni sociali” incompatibili con la partecipazione ai regolari lavori delle logge è comprensibile, ma poiché la partecipazione a questi lavori è dalla Massoneria dichiarata essenziale per la costruzione e il percorso spirituale del singolo, sembra che si possa individuare sin dalle origini della Loggia “Propaganda” un cedimento a interessi di natura squisitamente profana. Tale valutazione è suffragata dal fatto che un primo scandalo, quello della Banca Romana del 1892-1893 in cui furono coinvolti alcuni dei suoi membri, determinò la crisi di questa loggia “atipica”.
Dopo il periodo fascista essa si ricostituì, assumendo il numero 2 per sottolineare la sua antica tradizione: tra le logge ancora attive poteva infatti vantare un'anzianità inferiore solo a quella della loggia alessandrina “Santorre di Santarosa”.
La Massoneria – Il vincolo fraterno che gioca con la storia; Giunti Editore

Nell'Ottocento la trovata dei “fratelli coperti”, e di conseguenza la creazione della Loggia Propaganda, era servita a proteggere chi temeva le persecuzioni clericali.

Gianfranco Piazzesi, Gelli – La carriera di un eroe di quest'Italia; ed. Garzanti

Licio Gelli, faccendiere neofascista della P2

Massoneria: Gran Maestro e 'fratelli coperti'

Il generale Battelli, penultimo Gran Maestro di Palazzo Giustiniani, testimoniando dinanzi alla commissione parlamentare, almeno su questo punto era stato chiaro. “Per entrare in massoneria, fatta la domanda, cioè avvenuta la presentazione, l'interessato o il candidato viene sindacato da tre 'fratelli' autorizzati a chiedere informazioni su di lui. La sua fotografia viene esposta nella sala dei passi perduti, le sue qualifiche, la sua questione, viene discussa per tre volte nell'officina”. (Officina, nel linguaggio massonico, è sinonimo di loggia.)
L'ingegner Siniscalchi, entrato in massoneria nel 1953 e uscito nel 1976, era stato ancora più preciso. Ciascuno dei “fratelli inquisitori”, persone diverse dai presentatori, doveva redigere una “tavola informativa”, una relazione scritta. Inoltre ogni massone gode del diritto di visita, può partecipare, se lo crede opportuno, ai lavori di qualsiasi loggia. Tutti i “fratelli” iscritti nelle liste del Grande Oriente hanno la facoltà di presentarsi in loggia il giorno in cui si vota sull'accettazione di un aspirante e mettere una pallina nera nell'urna. Queste votazioni avvengono, con la garanzia del segreto, per tre riunioni successive. Vi partecipano decine di massoni regolarmente iscritti alla loggia, più gli eventuali “esterni”. Bastano tre palline nere per bocciare un candidato. Se i voti contrari sono sette, l'aspirante non può essere accolto nemmeno in un periodo successivo. […] L'aspirante deve frequentare la loggia, “lavorare” nell'“officina” almeno due volte al mese. Deve impegnarsi alla riservatezza e consegnare un veritiero resoconto del suo passato al capo della loggia, o Maestro Venerabile. Costui inserirà il suo nome in un elenco o “pié di lista” che sarà custodito a Palazzo Giustiniani. Ogni “fratello” avrà il diritto di consultarlo. Due controlli: dall'alto attraverso un ispettore, dal basso attraverso il “diritto di visita”, che consente a qualsiasi massone di partecipare anche ai lavori di una loggia della quale non fa parte. […] Come avrebbe scritto Salvini, in un documento ufficiale, “possono esistere per particolari ragioni di opportunità, note soltanto al Gran Maestro, fratelli 'coperti' con tutti i doveri e i diritti comuni ad ogni massone tranne quello di essere assegnati a una loggia e partecipare ai lavori”. Lo stesso Gran Maestro raccoglieva i nomi di questi fratelloni “all'orecchio”, dalla “bocca” del suo predecessore. Nel fiorito linguaggio massonico, ciò stava a significare che costoro non erano soltanto esonerati dalle riunioni mensili. Essi godevano anche di un grosso privilegio: potevano tener nascosta la loro appartenenza alla massoneria ai profani e agli stessi “fratelli”. Il Gran Maestro era il depositario del loro segreto. Serbava nella “memoria” i loro nomi e al momento di lasciare la carica li bisbigliava, appunto, all'orecchio del successore. Ma la memoria non è infallibile e i nomi erano parecchi. Anzi tendevano sempre ad aumentare. Da qui l'esigenza di un “pié di lista”, corredato dai documenti che comprovassero l'iniziazione. Ma, a differenza degli elenchi dei fratellini, quello dei fratelloni non veniva depositato alla segreteria del Grande Oriente, a Palazzo Giustiniani. Per garantire una copertura davvero completa, i documenti li teneva il Gran Maestro. 
Gianfranco Piazzesi, Gelli – La carriera di un eroe di quest'Italia; ed. Garzanti


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