Il
generale Battelli, penultimo Gran Maestro di Palazzo Giustiniani,
testimoniando dinanzi alla commissione parlamentare, almeno su questo
punto era stato chiaro. “Per entrare in massoneria, fatta la
domanda, cioè avvenuta la presentazione, l'interessato o il
candidato viene sindacato da tre 'fratelli' autorizzati a chiedere
informazioni su di lui. La sua fotografia viene esposta nella sala
dei passi perduti, le sue qualifiche, la sua questione, viene
discussa per tre volte nell'officina”. (Officina, nel linguaggio
massonico, è sinonimo di loggia.)
L'ingegner
Siniscalchi, entrato in massoneria nel 1953 e uscito nel 1976, era
stato ancora più preciso. Ciascuno dei “fratelli inquisitori”,
persone diverse dai presentatori, doveva redigere una “tavola
informativa”, una relazione scritta. Inoltre ogni massone gode del
diritto di visita, può partecipare, se lo crede opportuno, ai lavori
di qualsiasi loggia. Tutti i “fratelli” iscritti nelle liste del
Grande Oriente hanno la facoltà di presentarsi in loggia il giorno
in cui si vota sull'accettazione di un aspirante e mettere una
pallina nera nell'urna. Queste votazioni avvengono, con la garanzia
del segreto, per tre riunioni successive. Vi partecipano decine di
massoni regolarmente iscritti alla loggia, più gli eventuali
“esterni”. Bastano tre palline nere per bocciare un candidato. Se
i voti contrari sono sette, l'aspirante non può essere accolto
nemmeno in un periodo successivo. […]
L'aspirante deve frequentare la loggia, “lavorare”
nell'“officina” almeno due volte al mese. Deve impegnarsi alla
riservatezza e consegnare un veritiero resoconto del suo passato al
capo della loggia, o Maestro Venerabile. Costui inserirà il suo nome
in un elenco o “pié di lista” che sarà custodito a Palazzo
Giustiniani. Ogni “fratello” avrà il diritto di consultarlo. Due
controlli: dall'alto attraverso un ispettore, dal basso attraverso il
“diritto di visita”, che consente a qualsiasi massone di
partecipare anche ai lavori di una loggia della quale non fa parte. […]
Come avrebbe scritto Salvini, in un documento ufficiale, “possono
esistere per particolari ragioni di opportunità, note soltanto al
Gran Maestro, fratelli 'coperti' con tutti i doveri e i diritti
comuni ad ogni massone tranne quello di essere assegnati a una
loggia e partecipare ai lavori”. Lo stesso Gran Maestro raccoglieva
i nomi di questi fratelloni “all'orecchio”, dalla “bocca” del
suo predecessore. Nel fiorito linguaggio massonico, ciò stava a
significare che costoro non erano soltanto esonerati dalle riunioni
mensili. Essi godevano anche di un grosso privilegio: potevano tener
nascosta la loro appartenenza alla massoneria ai profani e agli
stessi “fratelli”. Il Gran Maestro era il
depositario del loro segreto. Serbava nella “memoria” i loro nomi
e al momento di lasciare la carica li bisbigliava, appunto,
all'orecchio del successore. Ma la
memoria non è infallibile e i nomi erano parecchi. Anzi tendevano
sempre ad aumentare. Da qui l'esigenza di un “pié di lista”,
corredato dai documenti che comprovassero l'iniziazione. Ma, a
differenza degli elenchi dei fratellini, quello dei fratelloni non
veniva depositato alla segreteria del Grande Oriente, a Palazzo
Giustiniani. Per garantire una copertura davvero completa, i
documenti li teneva il Gran Maestro.