Good - Piero Golia c'era... 2012 © - Gianluca Salvati
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domenica 23 settembre 2012

Premio Italia 2005, Caracas | Piero Armenti, periodista - Eccellenza D. C.: Aldo Miccichè

Piero Armenti aveva conosciuto un' amica italiana di M che aveva lavorato tempo addietro per il consolato e poi era rientrata in Italia. Fu questa amica a spingere M a fare domanda, tramite il consolato, alla scuola "Agustin Codazzi" di Caracas... Insomma, mi trovavo nel paese delle coincidenze misteriose: cominciavo a capire perché il realismo magico andasse per la maggiore in america latina.
Piero Armenti mi spiegò cos'era successo la sera prima col bestione. Eravamo in un locale, il Vics, che si trovava poco più in alto di Plaza Altamira, dove risiedeva (e risiede tutt'oggi, essendo agli arresti domiciliari in attesa di estradizione) Aldo Miccichè, faccendiere legato  legato alla 'ndrangheta e figura di raccordo con certa destra tramite Marcello Dell'Utri. (MICCICHE ’ ALDO, nato a Maropati (RC) il 12.4.1936, residente a Caracas, Av.11 entre 7ma Y 8v Trensv.,Quinta Buenopues, #34-28 Altamira, CHACAO ZP .1060)

Piero Armenti mi disse che gli era stato mandato il buttafuori perché aveva criticato l'ambasciatore durante il discorso di presentazione del premio. 
Strano, non ricordavo di aver sentito qualcuno lamentarsi di qualcosa, né tanto meno lui. E poi, prima di parlare con lui, il bisonte si era fermato davanti a me con un fare poco amichevole. Ma, non avendo motivo per non credergli, accettai la sua versione dei fatti. 
Certo, se l'Armenti avesse avuto la decenza di aggiungere che era l'autore di quell'articolo, diciamo così, piuttosto adulatorio e molto parziale, nei confronti della commissione ministeriale che avevo contestato a marzo, avrei valutato diversamente le sue affermazioni.


Nell'articolo in questione non si diceva che i professori provenienti dall'Italia erano senza contratto e che questa fu l'unica osservazione sensata fatta dalla platea alle fantasmagorie decantate dalla relatrice ministeriale: una cosa è la fantapolitica, altro sono i fatti. 
A volte le persone tendono a fare confusione tra le chiacchiere e i fatti, ovvero a prendere per vera non la realtà, bensì la sua rappresentazione.
L'esempio più classico è quello della televisione, dai tg alle telenovelas, di cui non si dirà mai a sufficienza che è meglio tenerla spenta.
Tornando al giovane giornalista, Piero Armenti, egli era liberissimo di scrivere e prendere le parti di chi voleva, ma nessuno lo autorizzava a spacciarsi per novello Che Guevara....

Piero Armenti, Caracas 2005


domenica 16 settembre 2012

Aldo Moro vs Emilio Taviani | Dalle lettere di Aldo Moro - Leonardo Sciascia

L'inopinata uscita del senatore Taviani, ancora in questo momento per me incomprensibile e comunque da me giudicata, nelle condizioni in cui mi trovo, irrispettosa e provocatoria, m'induce a valutare un momento questo personaggio di più che trentennale appartenenza alla DC. Nei miei rilievi non c'è niente di personale, ma sono sospinto dallo stato di necessità. Quel che rilevo, espressione di un malcostume democristiano che dovrebbe essere corretto tutto nell'avviato rinnovamento del partito, è la rigorosa catalogazione di corrente. Di questa appartenenza Taviani è stato una vivente dimostrazione con virate così brusche e immotivate da lasciare stupefatti. Di matrice cattolica democratica Taviani è andato in giro per tutte le correnti, portandovi la sua indubbia efficienza, una grande larghezza di mezzi ed una certa spregiudicatezza.
[...] Erano i tempi in cui Taviani parlava di un appoggio tutto a destra, di un'intesa con il Movimento Sociale come formula risolutiva della crisi italiana. E noi che, da anni, lo ascoltavamo proporre altre cose, lo guardavamo stupiti, anche perché il partito della DC da tempo aveva bloccato anche le più modeste forme d'intesa con quel partito. Ma, mosso poi da realismo politico, l'on. Taviani si convinse che la salvezza non poteva venire che da uno spostamento verso il partito comunista. Ma al tempo in cui avvenne l'ultima elezione del presidente della Repubblica, il terrore del valore contaminante dei voti comunisti sulla mia persona (estranea, come sempre, alle contese) indusse lui e qualche altro personaggio del mio partito ad una sorta di quotidiana lotta all'uomo, fastidiosa per l'aspetto personale che pareva avere, tale da far sospettare eventuali interferenze di ambienti americani, perfettamente inutile, perché non vi era nessun accanito aspirante alla successione in colui che si voleva combattere. Nella sua lunga carriera politica che poi ha abbandonato di colpo senza una plausibile spiegazione, salvo che non sia per riservarsi a più alte responsabilità, Taviani ha ricoperto, dopo anche un breve periodo di segreteria del Partito senza però successo, i più diversi ed importanti incarichi ministeriali. Tra essi vanno segnalati per la loro importanza il ministero della Difesa e quelli dell'Interno, tenuti entrambi a lungo con tutti i complessi meccanismi, centri di potere e diramazioni segrete che essi comportano. A questo proposito si può ricordare che l'amm. Henke, divenuto capo del SID e poi capo di Stato Maggiore della Difesa, era una suo uomo che aveva a lungo collaborato con lui. L'importanza e la delicatezza dei molteplici uffici ricoperti può spiegarci il peso che egli ha avuto nel Partito e nella politica italiana, fino a quando è sembrato uscire di scena. In entrambi i delicati posti ricoperti ha avuto contatti diretti e fiduciari con il mondo americano. Vi è forse nel tener duro contro di me, una indicazione americana e tedesca?

La lettera arriva ai giornali nel pomeriggio del 10 aprile. La pubblicano tutti: evidentemente, il gusto di dar documento di un così drammatico dissidio in casa democristiana è superiore al ritegno censorio che, per "senso dello Stato", i giornali dicono di essersi imposto. La breve biografia che Moro traccia dell'onorevole Taviani diverte tutti. E magari erano cose che si sapevano già, ma dette da Moro assumono altro peso. Ed è superfluo dire che più di tutti si divertono le Brigate rosse. "Anticipiamo - scrivono nel comunicato numero cinque che accompagna il messaggio di Moro - tra le dichiarazioni che il prigioniero Moro sta facendo, quella imparziale ed incompleta, che riguarda il teppista di Stato Emilio Taviani.
[...] Effettualmente, mai Moro è stato così vicino alla sua immagine di sottile politicante, come in questa lettera contro Taviani. La smentita di Taviani gli ha dato amarezza, l'ha ancora di più sprofondato nella condizione di "uomo solo", ma al tempo stesso gli ha come amplificato il giuoco, gli ha offerto la possibilità di giuocare all'interno delle Brigate rosse: tra loro, senza parere, seminando il dubbio. E il veleno di questo dubbio è nella frase finale della lettera, nella domanda: "Vi è forse, nel tener duro contro di me, un'indicazione americana e tedesca?". Può parere un corollario alla biografia politica di Taviani che sommariamente, ma con consumata malizia ha tracciato: e à la lettre lo è (Taviani è l'uomo degli americani, così come Henke era l'uomo di Taviani).
[...] E non è inquietante il sapere che l'uomo degli americani, "il teppista di Stato" Taviani, ha interesse a che Moro resti nella "prigione del popolo", e ci muoia, quanto i loro capi, i capi delle Brigate rosse?
L'affaire Moro, Leonardo Sciascia (Sellerio editore)

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