Good - Piero Golia c'era... 2012 © - Gianluca Salvati
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venerdì 5 dicembre 2014

Marguerite Yourcenar: funzione dello storico | Le memorie di Adriano

A pagina 22 dell'edizione di Einaudi delle Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, l'imperatore Adriano dice: "Gli storici ci propongono una visione sistematica del passato, troppo completa, una serie di cause ed effetti troppo esatta e nitida per aver mai potuto essere vera del tutto, rimodellando questa docile materia inanimata, ma io so che Plutarco sfuggirà sempre Alessandro...".
In quel brano l'imperatore invita a fare attenzione, a leggere tra le righe della Storia cercando di separare il bene dal male, il vero dal falso, il grano dal loglio.
Proposta allettante, ma quanto mai difficile da realizzare in un'epoca come la nostra dove la sovraproduzione, l'inflazione informativa hanno spesso l'effetto di stordire piuttosto che di chiarire.
"Lo storico", avverte il grande medievalista francese Georges Duby, "ha abbandonato da tempo la pretesa di dettare regole di condotta perché della realtà cogliamo soltanto delle tracce. Cancellate, discontinue, insufficienti. Il nostro dovere è di sfruttarle a fondo, senza manipolarle. Ma bisogna colmare scrupolosamente tutti i vuoti, cercando di ricostruire un puzzle di cui spesso manca la maggior parte dei pezzi".
E così il compito di cercare un percorso limitato e logico resta, e con esso il dilemma di fronte a ogni conflitto: imbarcarsi in una bella dimostrazione, oppure cercare nel fondo del problema?
Vincenzo Maddaloni - Famiglia Cristiana n. 46



lunedì 4 novembre 2013

Lourdes: culto delle rocce nel Medioevo | Arte paleolitica e romanico | Sopravvivenze e risvegli formali - Focillon

Una tradizione può essere una forza viva, rinnovata dai bisogni spirituali delle generazioni, arricchita dalle esperienze, modellata dal tempo. Essa può d'altronde, presentarsi come un deposito o come un rufiuto che le età si trasmettono per inerzia. In questo senso si può veramente dire che essa è passiva anche quando la lussureggiante vegetazione dei miti la avvolge. Spesso incontriamo nella storia dell'arte tradizioni di questa natura, in particolare nella trasmissione delle forme dalla preistoria e dall'antichità al Medioevo. Queste forme, definite con vivace nitidezza e come impresse in una materia molto dura, attraversano il tempo senza esserne intaccate. Quello che può cambiare è il modo in cui vengono lette dalle generazioni, che vi riversano diversi tipi di contenuto, tanto che si può dire, capovolgendo un famoso verso: la forma rimane e la materia si perde - la "materia", ossia ciò che riempie la forma o ciò che la riveste. In altri termini, stabilità morfologica, instabilità semantica.
L'arte popolare ci offre più di un esempio di queste tradizioni passive. Si sa che si dà questo nome, del tutto provvisorio, a un complesso in cui entrano, in misura disuguale a seconda dei luoghi, una degenerazione di forme molto evolute, di forme "dotte", indurite e semplificate forse sotto l'influenza di tecniche rudimentali e, d'altra parte, una serie considerevole di temi geometrici, ai quali bisogna aggiungere certe immagini geometrizzate della vita animale. Tutta questa geometria viene dalla preistoria, risale al neolitico o almeno all'età del bronzo e questa genalogia è così saldamente stabilita che non è il caso di insistere.
[ ... ]  Ma la tradizione megalitica è ancora più curiosa. È inutile ricordare il numero e l'importanza delle pietre megalitiche, dolmens, cromlechs, menhirs così frequenti nell'Europa occidentale, in particolare nell' Armorica, il cui senso e la cui origine non sono ancora ben conosciu­ti. La toponomia ne' ha conservato il ricordo anche quando sono scomparse: le Pierrefitte, le Pierrelatte ab­bondano nel nostro paese. Una parvenza della tradizio­ne megalitica si ritrova nella vita religiosa. Salomon Rei­nach e Sébillol1haono dimostrato la lunga sopravviven­za del culto delle rocce e delle pietre nel Medioevo, tan­to che i concili dovettero condannarlo espressamente a più riprese: Arles (452), Tours (567), Nantes (658), To­ledo (681 e 682) e fino all'editto di Carlo Magno, alla fi­ne dell'VIII secolo (789). Si potrebbe credere che que­st'ultima data sia un termine: ufficialmente, canonica­mente, sì. Ma se la sopravvivenza cultuale si spegne, tut­tavia sussiste nell'immaginazione popolare qualche cosa in più di un vago ricordo. Anche quello strano cristiane­simo bretone, di cui Renan ci ha fatto conoscere così be­ne l'aspetto arcaico, è ricco di credenze poetiche che ri­guardano sorgenti e pietre. Allo stesso ordine di feno­meni appartiene la cristianizzazione dei megaliti [ ... ]. Il dolmen di Plouaret (Coste del nord) è stato trasformato in una cappella dedicata ai "sette santi". C'è di meglio: nella Charente, a Saint-Germain de Confolens, la tavola di pietra megalitica ha perso i suoi sostegni primitivi ed è sorretta da quattro colonne sormontate da capitelli 1ogori, probabilmente romanici. Il caso è singolare, per­ché vi si nota chiaramente uno sforzo cosciente di intro­durre in una struttura medievale un elemento megaliti­co conservato nella sua forma.
Ci si può chiedere se una tradizione così forte non ab­bia esercitato un'influenza diretta sulla decorazione e se la Bretagna, per esempio nel Medioevo, non porti nella sua scultura tracce del vecchio repertorio lineare, di cui i suoi antichi abitanti hanno fatto uso in certi tumuli o in certe allées couvertes. [ .. .] È stato suggerito che la ric­chezza del repertorio romanico dell'ovest e soprattutto del sudovest, dove abbondano combinazioni astratte, fosse probabilmente dovuta alla persistenza di una ispi­razione" celtica". Oggi è stato dimostrato che questi te­mi appartengono a un ampio fondo comune che, su tre o quattro motivi fondamentali, combina ovunque delle specie di fughe più o meno complesse, sulle quali si or­dinano le immagini stesse della vita.

Volto grigio, collage su cartone - Gianluca Salvati - 2008
È a tutt' altro ordine di fatti che appartengono certi paesaggi dipinti alla fine del Medioevo da maestri visio­nari che noi definiremmo volentieri paesaggi megalitici, se questo termine non risvegliasse l'idea di una filiazione sicuramente discutibile e anche inattendibile. Ma è inte­ressante vedere gli uomini di quell' epoca, alla vigilia stessa del suo declino, darei più o meno coscientemente un esempio di queste retrospettive, forse anche di quella nostalgia delle origini, potenti fattori nell' organizzazione interna della vita storica. [ .. .]
Il repertorio delle sopravvivenze potrebbe essere ar­ricchito da altri esempi, senza apportare elementi decisi­vi alla storia del Medioevo. Sono vestigia non rinnovate da nessuna esperienza, rifiuti del tempo che il tempo cancella a poco a poco. 

Arte paleolitica
[ .. .] L'arte paleolitica è quasi esclusivamente conosciut­a proprio per il primo di questi due aspetti. I dipinti degli sfondi delle grotte, le sculture scoperte negli stessi luoghi attestano notevoli qualità di osservazione e di movimento. Fin dai primi tempi della sua evoluzione, l'arte sembra in possesso dei suoi valori essenziali. Non si spingerà mai oltre nella rappresentazione della vita animale. Potrà mai ritrovare quello slancio e quella fre­schezza? L'uomo del paleolitico raffigura di getto, ma aiutato da una lunghissima familiarità, i compagni della sua vita, la renna solitaria o in branco, il bisonte nell'atto di caricare, il mammut saldo sui colossali pilastri del­le sue zampe. Anche il tratto dell'incisione su pietra, di una purezza rigida, dà alla forma l'agilità e il fascino di ciò che vive. La scultura ha la bellezza del peso, la pre­cisione dei volumi, la qualità flessuosa e delicata del modello. [ ... ] Ma si commetterebbe un grave errore se, dietro a questo naturalismo pieno di forza e di fuoco, si lasciasse deliberatamente in ombra, nella stessa epoca, il ricco repertorio dell' ornatista. Si ha forse una certa tendenza a irrigidire le categorie, a vedere nell'arte paleolitica  solo la rappresentazione della vita e nella neolitica e nei diversi periodi dell'età del bronzo, soltanto l'abbondanza e la raffinatezza della decorazione astratta. Infatti questi due aspetti dell'attività creatrice sono più simultanei e paralleli che successivi. Ma ogni epoca della civiltà pone l'accento su uno di essi, senza rinun­ciare del tutto all'altro. Guardiamoci dall'essere vitti­me, su questo punto, di una concezione puramente li­neare e schematica dell'evoluzione. In ogni caso, la maggior parte dei temi caratteristici della pietra levigata e del bronzo appare fin dall'epoca precedente: spirali, cerchi, spine di pesce, scaglioni, ecc., come testimonia­no i ritrovamentl fatti nelle grotte della regione del Pi­renei, in particolare nei pressi di Lourdes. Così si può dire che un' arte si giustappone a un' altra. Ma, fra le due, vi è scambio e comunicazione? Dal punto di vista morfologico puro, è forse così che bisogna interpretare i misteriosi segni tettiformi che improntano, con una composizione di triangoli, rappresentazioni perfettamente fedeli della vita animale, ma che restano in superficie, senza essere incorporate, senza intervenire, co­me fattore di stile, nella struttura dell' animale. In un certo numero di oggetti, il fenomeno è del tutto diver­so. Non si tratta più di una sovrapposizione pura e semplice: la forma viva tende a sottoporsi alle sue leggi o piuttosto, per adottare una definizione più generale, cessa di bastare a se stessa, collabora a un certo effetto decorativo, traendo profitto dalla forma del suo supporto.. D'altra parte, tutto ciò che nell'essere vivente può prestarsi a essere astratto diventa fonte di nuovi sviluppi. Da qui raggiungiamo, attraverso i tempi, il principio stesso dello "stile animale" della Russia meridionale. Non è perché gli sciti e gli artisti dell'età della pietra sono stati gli uni e gli altri grandi animalisti che è possibile accostarli, ma perché sono entrambi abili, almeno in certi casi, a comporre la forma secondo esigenze che oltrepassavano i limiti dell'osservazione stessa. [ ... ]
Dopo essere risaliti alle origini, sarebbe interessante fare lo stesso percorso in senso inverso, seguire lo sviluppo continuo dello "stile animale" attraverso periodi più vicino a noi, vederlo oscillare dall'adattamento rigoroso alla funzione [ ... ], alla pura fantasia ornamentale [ ... ], dall'arido schematismo degli orafi barbari alla imponente monumentalità degli scultori romanici. Ma questa vita cangiante delle forme, che le tecniche rinnovano e diversificano, ondeggia sempre intorno allo stesso principio, a cui non mente mai. Mostrandoci le prime applicazioni durante il periodo paleolitico, la preistoria non annuncia solo l'arte iraniana della Russia meridionale, essa riguarda tutto il Medioevo.
I percorsi delle forme, Maddalena Mazzocut-Mis