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lunedì 18 aprile 2011

L'arte della memoria | La causa Aliberti - 1799 | Gennaro Aliberi, Eduardo Giacchetti, Piero Pansini


|| Aspettando l’udienza ||
Nonostante il caldo enorme, molto pubblico si addensa nel vasto salone di Castelcapuano aspettando che giunga l’ora del secondo spettacolo offerto dall’on. Giuoco Piccolo ai cittadini napoletani: uno spettacolo che dopo un anno si rinnova oggi per colpa di quei magistrati dell’8ª sezione del nostro tribunale che l’anno scorso non seppero seguire il nobile esempio di Raffaele de Notaristefani e con un’ambigua sentenza si astennero dall’imprimere sulla fronte del pallido criminale di Massalubrense il marchio della condanna reclamata con voce concorde dalla pubblica opinione e dalle risultanze di quel processo. Per colpa di quei magistrati Gennaro Aliberti, recentemente investito un’altra volta della carica di consigliere provinciale, può aggirarsi spavaldamente per i locali di Castelcapuano, sicuro che i magistrati della corte di appello non smentiranno le tradizioni della giustizia italiana, sanzionando la condanna inflitta all’onesto Giacchetti. Infatti egli va coi suoi fidi Rota e Gattola Mondella, ostentando la certezza del secondo trionfo. Ed anche oggi si fa seguire dai migliori campioni della malavita della sezione Mercato, la quale ha voluto novellamente testimoniare della solidarietà che la lega a don Gennarino e muovere al suo soccorso. A completare il corteo manca per ora soltanto Simeoni, trattenuto altrove forse per celebrare i consueti riti di Sodoma. Quando questi arriva, don Gennarino gli va incontro tendendogli affettuosamente le mani come per abbracciarlo, mentre lo stato maggiore camorristico, chiamato a raccolta per l’occasione solenne, fa ala al loro passaggio, rendendo gli onori (diciamo così tanto per intenderci) ai due non troppo onorevoli personaggi.

|| Nell’aula ||
Alle due e un quarto, cioè dopo una lunga attesa, l’usciere pronuncia con le sacramentali parole l’ingresso della Corte. E subito dopo il presidente dà la parola all’on. Pietro Pansini, il quale, rifacendo brevemente la storia del processo, chiede all’accusa se intende insistere sui motivi presentati all’ ultim’ ora, che escludono la facoltà della prova. Dichiara al rappresentante il P.M. che, se la discussione della prova fosse negata, i difensori saprebbero compiere il proprio dovere. Prosegue, Pietro Pansini, dimostrando la necessità che in questo processo d’interesse pubblico sia fatta ampia luce. Invita la Corte a decidere sulla limitazione della prova dicendo che, nella coscienza popolare è radicato il convincimento della disonestà dell’ Aliberti, per quanto riguarda l’esercizio del lotto clandestino. Questo processo - dice Pietro Pansini - è un capitolo della nuova storia di Napoli, la quale ha bene il diritto di sincerarsi dell’ onestà dei suoi rappresentanti politici.
La casa dell’uomo politico deve essere come di vetro, in modo che tutti possano vedervi dentro liberamente.
Questo impellente dovere non è stato compreso dall’ Aliberti e dai suoi difensori. Entra, quindi, nell’esame dei vari motivi di nullità del precedente giudizio e accenna con frase felicissima ai volgari espedienti della parte civile per impedire la prova. Passando all’esame dei testimoni ricorda che nella lista di essi figurano nomi di uomini superiori ad ogni sospetto come quelli di Domenico Miraglia, di Giusso, di Saredo, di De Martino, ecc., i quali non esitarono a dire il loro pensiero sfavorevole alla figura morale di Aliberti. Accenna ad un ultimo motivo di nullità: quello della malattia del giudice Puca, per cui il processo doveva rinviarsi. Cita in proposito parecchi esempi e, dopo aver discusso la illegalità della querela presentata ad un giudice incompetente, conclude augurandosi che la Corte di Appello accolga l’istanza della difesa.
La fine dell’arringa di Pansini è calorosamente applaudita dal pubblico.

|| L’intermezzo Rota ||
Un intermezzo che comincia con la lirica intonazione infiorata di motti latini che fanno rimanere attonito l’entourage piuttosto analfabeta dell’on. Giuoco Piccolo. Babbuino Rota si asciuga il sudore, beve il primo bicchiere d’acqua e poi comincia promettendo di essere breve. Il pubblico si mostra lieto di questa buona novella, la quale allontana il pericolo di una lunga parentesi di noia in quest’ora così asfissiante. Anche dal banco della stampa partono amorose occhiate di ringraziamento a Babbuino, il quale oggi appare più babbuino del solito, specialmente quando con invidiabile faccia fresca asserisce che non vi fu alcuna limitazione di prova per parte di don Gennarino Aliberti. A questa allegra trovata il pubblico prorompe prima in una sonora risata e poi in proteste, che sarebbero anche più sonore se non l’impedisse la presenza nell’aula di un considerevole numero di poliziotti. Il presidente chiama in soccorso il campanello, ammonisce il pubblico di non turbare la serenità della giustizia, ecc, ecc, e poi prega Babbuino Rota di essere più calmo e di non provocare il pubblico. Babbuino resta interdetto e continua a sballare castronerie d’ogni colore, fino al punto da assicurare , come la cosa più naturale di questo mondo, che a don Gennarino non pareva vero di rendere possibile una severa indagine su tutta la sua vita pubblica. Nuove risate dal pubblico e nuovi richiami del presidente. Dimenticando la promessa di essere breve, fatta in principio, parla lungamente senza concludere nulla e annoiando tutti coloro che hanno la sventura di ascoltarlo. L’eloquenza di Babbuino con questo caldo è addirittura insopportabile. Essa fa sbadigliare perfino l’usciere, il giudice Oberty e Gattola Mondella, i quali, a quanto ci si assicura, sono i soli ammiratori dell’illustre avvocato. Finalmente, come il Signore Iddio vuole, Babbuino Rota finisce ed il pubblico caccia un grande respiro di soddisfazione. Durante la sua arringa il chiaro uomo non ha fatto altro che leggere la memoria stampata di Simeoni. Quest’ultimo aggiunge poche parole a quelle del suo collega della P.C., e poi finisce anche lui chiedendo che la Corte non accolga la richiesta della difesa. A questo punto l’udienza viene sospesa per cinque minuti.

|| Il seguito dell’udienza ||
Riapertasi l’udienza il P.M. comincia la sua arringa con la quale respinge tutti i motivi di nullità presentati dalla difesa. Da questo magistrato che ha voluto così palesemente rendersi solidale coi nominati Rota e Simeoni noi non ci aspettavamo una serena parola di giustizia. Ed i fatti ci hanno dato ragione. Aspettiamo ora la decisione che venerdì prossimo dovranno pronunziare i consiglieri di appello, augurandoci che essa non violi gl’interessi supremi della giustizia e della moralità.