Good - Piero Golia c'era... 2012 © - Gianluca Salvati
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sabato 9 novembre 2013

Brigate rosse e mafia | L'affaire Moro - Leonardo Sciascia

Le Brigate rosse funzionano perfettamente: ma (e il ma ci vuole) sono italiane. Sono una cosa nostra, quali che siano gli addentellati che possono avere con sette rivoluzionarie o servizi segreti di altri paesi. E non che si voglia qui avanzare il sospetto di un rap­porto, se non fortuito e da individuo a individuo, con l'altra « cosa nostra» di più antica e provata efficien­za: ma analogie tra le due cose ce ne sono. Le Brigate rosse avranno studiato ogni possibile manuale di guer­riglia, ma nella loro organizzazione e nelle loro azioni c'è qualcosa che appartiene al manuale non scritto della mafia. Qualcosa di casalingo, pur nella precisio­ne ed efficienza. Qualcosa che è riconoscibile più co­me trasposizione di regola mafiosa che come esecu­zione di regola rivoluzionaria. Per esempio: l'azzop­pamento - che è trasposizione dello sgarrettamento del bestiame praticato dalla mafia rurale. Per esem­pio: il sistema per incutere omertà e sollecitare pro­tezione o complicità; sistema in cui ha minima parte la corruzione, una certa parte la minaccia diretta, ma è quasi sempre affidato al far sapere che non c'è delazione o collaborazione di cui loro non siano infor­mati. Il sistema, insomma, di ingenerare sfiducia nei pubblici poteri e di rendere l'invisibile presenza del mafioso (o del brigatista) più pressante e temibile di quella del visibile carabiniere. Per esempio: la mici­diale attenzione dedicata al personale di vigilanza delle carceri e che tende a stabilire, dentro le carceri, il privilegio del detenuto rivoluzionario così come vi si è da tempo stabilito il privilegio del detenuto mafioso (e non si creda che il mafioso se ne sia avvalso soltan­to nel senso della comodità: molto prima che dei po­litici, la concezione del carcere come luogo di prose­litismo, di aggregazione, di scuola, è stata dei mafiosi). E al di là di queste analogie, fino a un certo punto oggettive, nella coscienza popolare se ne è affermata un'altra: che come la mafia si fonda ed è parte di una certa gestione del potere, di un modo di gestire il po­tere, così le Brigate rosse. Da ciò quella che può appa­rire indifferenza: ed è invece la distaccata attenzione dello spettatore a una pièce che già conosce, che ri­vede in replica, che segue senza la tensione del come va a finire ed è soltanto intento a cogliere la diversità di qualche dettaglio nelle scene e nell'umore degli attori. Ed è facile sentir dire, e specialmente in Si­cilia, che questa delle Brigate rosse è tutta una storia come quella di Giuliano: e ci si riferisce a tutte quel­le acquiescenze e complicità dei pubblici poteri che i siciliani conoscevano ancor prima che diventassero ri­sultanze (queste sì, risultanze) nel famoso processo di Viterbo. Atteggiamento che si può anche disappro­vare, non poggiando su dati di fatto; ma che trova giustificazione in quel distico di Trilussa che dice la gente non fidarsi più della campana poiché conosce quello che la suona.
L'affaire Moro, Leonardo Sciascia - edizioni Sellerio

Senza titolo, olio su tela - Gianluca Salvati - 1995

domenica 9 giugno 2013

Tecnica e arte - L'infiltrato | Piero Golia e il gruppo degli anarchici | Franco Chirico & Kiko Arguello

La tecnica del disegno, come quella della pittura, è apprendibile, ma con la sola tecnica nessuno diventa artista. Un buon artista non ha bisogno di facoltà soprannaturali innate, serve però una certa attitudine, più comunemente conosciuta come talento. Al talento bisogna aggiungere l'impegno, costante e attento, se poi si ha anche la fortuna di trovare un buon insegnante, il gioco è fatto.
Il gruppo degli anarchici era formato da individui di indubbio talento, persone differenti per estrazione sociale e per formazione, che con modalità diverse si erano avvicinate all'arte. Il gruppo, cosiddetto degli anarchici, aveva un comune denominatore: la passione per il disegno e per la pittura. Su questa base le produzioni degli aspiranti artisti cominciarono ad acquisire un certo spessore culturale. Il gruppo, nominato degli anarchici in senso dispregiativo da qualche professore snob e da alcuni allievi fighetti dell'accademia di Belle Arti di Napoli, che evidentemente detenevano il metro dell'ortodossia nell'arte pittorica
Ad ogni modo, malgrado quelle cornacchie, il gruppo del corso del Libero Nudo nel 1994 cominciò a far parlare di sé.
Nell'anno accademico 1995-1996 al gruppo si aggiunse Piero Golia. Costui rimase estraneo al gruppo dal primo all'ultimo giorno di frequenza: un vero e proprio alieno rispetto al gruppo.  Eppure il gruppo degli anarchici non era settario, al contrario: era aperto a tutti. Nondimeno Piero Golia rimase un infiltrato, ovvero l'unico a non mettersi davvero in gioco. Incapace e negato nel disegno quanto nella pittura, la massima aspirazione di Piero Golia consisteva nello scopiazzare i lavori dei colleghi di corso. 

Mostra collettiva- 9 giugno 1997

Alla mostra collettiva degli allievi del Corso del Libero Nudo, si presentò l'editore della setta neocatecumenale Franco Chirico. Quel sant'uomo di un massone che ai tempi si dedicava anche alla filantropia, mi acquistò 2 quadri. E si che Franco Chirico di immagini se ne intendeva, stampava le riproduzioni del santino ante litteram Kiko Arguello, leader della setta neocatecumenale. Franco Chirico e Kiko Arguello sono anche amici.

Altra curiosità degna di rilievo, alla mostra partecipava un ex maresciallo dell'areonautica militare, Silvestro Carusone. Il Carusone, perso il lavoro si dilettava con la pittura. Aveva lavorato all'aeroporto militare di Grazzanise (Ce), dove io avevo fatto il militare quasi dieci anni prima. E pare che fosse originario dello stesso paesino del casertano della moglie di Franco Chirico, la signora Maria. Com'è piccolo il mondo!

domenica 2 giugno 2013

Il tabù | Enrico De Nicola: un distillato di omertà | Mail art - "Oh, my God!"

omertà ‹o·mer·tà› s.f. 
~ Forma di solidarietà tra consociati, volta alla copertura di condotte delittuose, spec. celando lidentità di chi ha commesso un reato o comunque tacendo circostanze utili alle indagini dellautorità giudiziaria estens. Riserbo assoluto determinato da complicità e insieme dal timore di una vendetta.

Oh, my God! mail art 2 giugno 2011 - Gianluca Salvati