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sabato 23 novembre 2013

Aldo Moro e papa Montini, Paolo VI | L'affaire Moro, Leonardo Sciascia

A lenire la lacerazione della Democrazia Cristiana, interviene Paolo VI: qualche ora prima che scada l'ul­timatum delle Brigate rosse e con una lettera che la radio vaticana diffonde e i giornali riproducono in autografo l'indomani. Lettera che sembra di alto sen­tire cristiano: solo che vi si cela, nell'esortazione agli uomini delle Brigate a liberare Moro «semplicemen­te, senza condizioni», una specie di confermazione - e sarebbe da dire tout court cresima - della Demo­crazia Cristiana in quella sua dichiarata «indefettibi­le fedeltà allo Stato».

Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini
Nella «prigione del popolo», a Moro non sfugge quel che alla generalità degli italiani, commossi dal­l'inginocchiarsi del papa davanti ai brigatisti, non ap­pare: che Paolo VI ha più «senso dello Stato» di quanto abbia dimostrato di averne il principe Ponia­towski, ministro degli Interni dello Stato francese, che in tempi non lontani aveva dichiarato ammissibile il principio di trattare coi terroristi per evitare il sa­crificio «della vita umana innocente». Vale a dire che la pensava esattamente come Moro: né si può dire che lo Stato francese non sia Stato; lo è con tutti i sacramenti, è il caso di dire. I sacramenti che fanno Stato uno Stato; e magari in abbondanza.
E tenterà, Moro, di convincere il papa: «In concreto lo scambio giova (ed è un punto che umilmente mi permetto sottoporre al S. Padre) non solo a chi è dall'altra parte, ma anche a chi rischia l'uccisione, alla parte non combattente, in sostanza all'uomo comune come me». E in una delle ultime lettere, meno umil­mente farà notare come nell'atteggiamento della San­ta Sede nei riguardi del suo caso ci sia una modifica di precedenti posizioni e un rinnegamento di tutta una tradizione umanitaria. «È una cosa orribile, indegna della S. Sede ... Non so se Poletti (il cardinale Poletti) può rettificare questa enormità in contraddizione con altri modi di comportarsi della S. Sede»: e certamente pensa all'offrirsi del papa, qualche mese prima, come ostaggio ai terroristi tedeschi che minacciavano la strage dei passeggeri di un aereo, a Mogadiscio. Offerta che allora apparve senza senso della realtà: ma veniva dall'unica realtà che un papa può ritrovare e celebrare, nell'assistere inerme e come sconfitto al ribollire della violenza.
Come era prevedibile, l'appello del papa passa come acqua sulle pietre; e la comunicazione della De­mocrazia Cristiana di aver dato incarico alla Carità di cercare «possibili vie» è considerata dalle Brigate rosse tutt'altro che chiara e definitiva (comunicato numero otto del 24 aprile).
L'affaire Moro, Leonardo Sciascia (Sellerio editore)

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