Good - Piero Golia c'era... 2012 © - Gianluca Salvati

domenica 24 febbraio 2013

La setta fasciomassonica | I neocatecumeni e le gerarchie ecclesiastiche

Nell'ottobre del 2008, mio zio prete compiva 50 anni di sacerdozio. Per l'occasione, la Curia di Napoli offriva un pranzo per i sacerdoti che avevano raggiunto tale meta. L'appuntamento per il lieto evento era in un dato luogo di Napoli: un pulmino della Curia, col vescovo, avrebbe prelevato i preti per portarli a destinazione.
Così andarono, più o meno, le cose.

Il pulmino era pieno e casualmente, l'unico posto libero era davanti, proprio vicino al vescovo: mio zio andò a sedersi di fianco al vescovo. Da premettere che non è mai stato tenuto in grande considerazione da parte delle “alte sfere”... Durante il tragitto, molto casualmente, ma molto appropriatamente, il vescovo prese a lamentarsi dei neocatecumeni: “Il vescovo aveva il dente avvelenato nei confronti dei neocatecumeni...”, mi riferì mio zio. E lui che aveva frequentato comunità neocatecumenali sin dal 1982, trovò pacifico prenderne le difese, motivando tutta una serie di argomentazioni a loro favore.
Ora, per chi abbia un po' di senso critico, non è difficile notare le storture di questa setta, perché di setta si tratta, primo fra tutti l'obbligo alla segretezza e all'obbedienza, con tutto quello che ne consegue. La maggior parte delle “riunioni” dei neocatecumeni si tengono a porte chiuse e dato che costoro utilizzano le strutture e gli spazi che le parrocchie di riferimento gli mettono a disposizione, va da sé che la gerarchia ecclesiastica può solo fingere di non vedere (non sentire e non parlare) nei confronti delle merdate che la setta in questione mette a segno. 

In poche parole, la setta noecatecumenale sta facendo il lavoro sporco per conto delle gerarchie ecclesiastiche... Tanto alla fine il riconoscimento arriva sempre. 
Se si pensa agli altri movimenti retrogradi che influenzano in questo momento la Chiesa, dall'Opus Dei alla Compagnia delle Opere, fino ai neocatecumenali, ne viene fuori un quadro davvero desolante per il credente non bigotto


Uomo che saluta, olio su tela 1996 – coll. Franco Chirico

lunedì 18 febbraio 2013

La Voce d'Italia, Caracas | Carlo Fermi e Vartan Puiguian: giovani professionisti a Caracas

Secondo i diretti interessati - specie giovani laureati, professionisti e imprenditori – tanti vantaggi oscurano le note negative del Paese latino-americano

CARACAS – Un’inchiesta sulle ragioni che rendono il Venezuela punto di approdo sempre più gradito a coloro che ancora oggi emigrano dall’Italia viene pubblicata nel numero odierno del quotidiano italo-venezuelano La Voce d’Italia. Il Paese latino-americano – si legge - “sembra aver spalancato le porte a questi giovani pionieri stanchi di bussare a sempre nuove porte, stanchi di pregare per un impiego e di lavorare per sopravvivere”. L’Italia infatti sembra non offrire, specie ai più giovani, le condizioni di vita sperate e la possibilità di intraprendere e percorrere la propria strada, soprattutto dal punto di vista lavorativo.

Proprio ai giovani emigrati - professionisti, imprenditori, insegnanti di italiano, tirocinanti presso ambasciate e consolati – La Voce d’Italia ha domandato i punti di forza e di debolezza del Paese che hanno scelto come patria d’adozione e i motivi che hanno determinato la decisione di restarvi. Emerge il quadro di una realtà ricca di spazi, opportunità e mobilità, che accoglie tanti stranieri. Gli italiani affermano che abbandonarsi ai paragoni con l’Italia è sbagliato, che occorre pensare che si tratta di un diverso Paese, con pregi e difetti, per viverci bene. Del resto, è già numerosa la presenza della locale comunità italiana, verso cui i venezuelani nutrono grande rispetto.

Tra gli intervistati, Vartan Puiguian, 31 anni, laureato in lingua e cultura italiana, oggi direttore didattico dell’Istituto Italiano di Cultura a Caracas, il quale ammette di non voler tornare in Italia: “dal mio punto di vista la Penisola è ferma e non ha nulla da offrire. Non vi tornerei – aggiunge - nè per le relazioni sociali, nè per quelle personali. Qui viene dato più spazio al cittadino e se uno vuole, riesce a fare ciò che si prefigge”. Unico lato negativo “lo stress estremo del vivere quotidiano – afferma Vartan – che rende tuttavia ogni risultato una battaglia vinta”.

Una forte attrazione esercitano le condizioni politiche e sociali del Venezuela: Elvira Rizzo, 46 anni, a Caracas da un anno, afferma, per esempio, di essere venuta qui “per imparare da questo Paese, per essere parte delle innovazioni politiche, dentro al movimento bolivariano”. Elvira è laureata in filosofia e lavora come professoressa di italiano nel Colegio Bolívar y Garibaldi. Interesse analogo emerge dalle parole dei tirocinanti del progetto promosso dal Mae e dal Consiglio delle Università italiane, che testano sulla propria pelle le vita delle sedi consolari e diplomatiche all’estero: “ho scelto il Venezuela perché volevo vedere da vicino i successi della rivoluzione bolivariana di Chavez, dato che i principali media europei ne parlano in modo negativo– afferma Fabrizio, laureato in scienze diplomatiche; Alessia, mentre approfondisce la sua formazione in relazioni internazionali, conferma di trovare “affascinate la situazione politico-sociale locale”.

Numerosi sono anche gli imprenditori che hanno scelto il Venezuela come contesto professionale, magari dopo un breve viaggio turistico. Tra gli intervistati, Guglielmo Cruciani, 39 anni, di Roma, arrivato in Venezuela come turista nel 1991, oggi rappresentante nel paese latino-americano delle società italiane del settore salute che qui esportano i loro prodotti. Guglielmo è molto critico nei confronti del suo Paese: “in Italia lavori per sopravvivere. Anche  solo, - aggiunge - con un superstipendio di 3000 euro al mese, non ce la fai. Il Venezuela, invece, ti dà opportunità che non ci sono in Europa. Nonostante tutte le critiche, economicamente parlando è un paese florido, ricco di opportunità e di risorse”.

Carlo Fermi, 29 anni, laureato in economia all’Università Bocconi, oggi è il responsabile della filiale in Venezuela dell’impresa FTC che esporta macchinari e materiali nel settore agroalimentare. E’ arrivato in Venezuela quattro anni fa per incontrarsi con un amico e visitare il Paese. “Sono sempre stato in cerca di nuove esperienze all’estero, - dice - che reputo altamente formative sia dal punto di vista personale che professionale”. Del Venezuela “mi affascina l’attitudine sempre positiva della gente, - prosegue - ben distinta dal pessimismo che a volte domina la società dei paesi industrializzati”. Fra i dati negativi punta il dito sull’insicurezza, il poco rispetto dell’ambiente e, talvolta, la superficialità della gente.

Carlo Fermi, imprenditore italiano a Medellin, Colombia
Si arriva anche, completata la formazione universitaria, per costruirsi il proprio percorso professionale in un ambiente più stimolante e predisposto a incentivare la crescita personale. Fabio Serra, 28 anni, originario di Napoli, racconta di aver trovato lavoro su internet rispondendo ad un’offerta riguardante l’insegnamento della lingua italiana. “Qui ci sono tanti spazi vuoti dove potersi inserire e più che l’imprenditoria, – spiega Fabio – la fuga dall’Italia è dell’intelligencia.
Come me, tutti gli italiani immigrati riscontrano in Venezuela un bisogno di saperi ed un confronto impossibile da trovare in Italia. Qui emerge il valore alla conoscenza e il sapere ha un riscontro nel mercato del lavoro. Inoltre le persone cambiano spesso impiego creando un riciclo continuo ed una sempre nuova offerta di opportunità. Nel Belpaese questo non accade: c’è solo immobilità e concorrenza”
Anche Michele, un marchigiano di 29 anni, laureato in filosofia, conferma l’apertura del mercato del lavoro. “Una volta qui, in America Latina, ho ricevuto numerose offerte di lavoro interessanti - racconta. - Questo è molto gratificante per me in quanto, come molti giovani in Italia, ero stanco di bussare a tutte le porte, stanco di pregare per un impiego, stanco di lavorare gratis. Per questo consiglio a tutti i miei amici di andarsene dall’Italia”.

“Qui in Venezuela c’è più libertà rispetto all’Italia, - conclude Andrea, 33 anni, di Alessandria, una laurea in antropologia culturale. – E’ finalmente possibile non essere schiavi del lavoro e ritagliare del tempo per se stessi. E, cosa più importante, c’è rispetto per il lavoratore”.

Pubblicato da JOHNNY MARGIOTTA
Barbara Meo Evoli, Monica Vistali / La Voce D'Italia


What? stampa su carta dic. 2004, Caracas - Gianluca Salvati

sabato 16 febbraio 2013

“La spia che venne dal freddo” di John Le Carré | "Good - Piero Golia c'era"

Presentazione
Sotto lo pseudonimo di  John Le Carré, si cela un giovane diplomatico di trentacinque anni, che aveva già fatto parte del consolato britannico a Amburgo con il suo vero nome di David Cornell. Apparso nell'edizione originale inglese nel 1963, La spia che venne dal freddo ottenne subito un successo internazionale, raggiungendo in pochi mesi tirature sbalorditive, tanto più che i primi libri di Le Carré, come Chiamata per il morto, non si erano affatto distinti dai molti già scritti sul mondo delle spie.
Con i proventi del suo best seller, John Le Carré, che lavorava ancora a Whitehall, diede le dimissioni e si ritirò a Creta dove vive con la moglie e con i suoi tre bambini. Qui ha scritto Lo specchio delle spie, dove ha diretto la sua acuta osservazione su quel mondo marcescente del doppio gioco di informatori che contemporaneamente servono l'Unione Sovietica e l'Occidente.
I giudizi della stampa anglosassone si sono affrettati a confermare che, con La spia che venne dal freddo, John Le Carré aveva superato romanzi noti e acclarati come L'epitaffio per una spia di Eric Ambler, Ascendant di Somerset Maugham e l'Agente Confidenziale di Graham Greene. Tutti gli altri critici sono stati concordi nel riconoscere come l'orizzonte sino allora occupato da Jan Fleming e dal suo agente 007, quel Lancillotto dello judo e del karate e del letto che tutti abbiamo conosciuto, veniva rischiarato da una nuova luce. James Bond infatti rappresentava la classica mitologia fumettistica del superuomo divenuto agente speciale dopo l'inflazione dei detective privati. Gli altri “nostri uomini” dell'Avana e di Rio eccetera, rappresentavano nell'ipotesi migliore la poesia dello spionaggio, con una trama che avrebbe potuto esser stesa da Chateaubriand.
Alec Leamas, il protagonista della Spia che venne dal freddo, poi ritratto alla perfezione sullo schermo da Richard Burton, questo spione che puzza di cicche e di whisky e si trascina dietro le suole la stanchezza del proprio mestiere, era invece la realtà dello spionaggio e la realtà della guerra fredda. Di ammirevole non ha proprio niente, al di fuori dei suoi nervi inattaccabili, non si sa se perché ben tesi o completamente allentati, e delle sue continue invenzioni che lo trasformano veramente in quello che egli desidera essere in un momento preciso: bibliotecario, spia delusa, ubriacone, debitore moroso, spia venduta, intimo amico di una giovane comunista, compagno di discussione di un agente sovietico, e sempre conscio che le tentazioni incontrate, quale un vero amore ad esempio, oppure un atto di individuale volontà, possono trascinarlo al fallimento e far crollare la unica sua risorse: l'isolamento perpetuo nel mondo glaciale dello spionaggio, dove nessun gesto è veramente semplice né lo potrebbe essere, nessuna sincerità è ammessa, e se le debolezze sono tollerate, devono sempre avere una direzione prestabilita.
Probabilmente, il segreto del successo di John Le Carré è costituito da un semplice fatto: quello di rappresentare un uomo come potremmo essere anche noi se fossimo in grado di tollerare non la solitudine, perché questa riusciamo a sopportarla, e neppure l'isolamento. Anche l'isolamento, per quanto duro e prolungato, ne siamo sicuri, con qualche sforzo e con qualche trucco diventa un'abitudine oppure un modo di vita. Intollerabile, insopportabile e addirittura disumana è invece la mancanza di qualsiasi riconoscimento a chi compie atti di estremo valore e di grande coraggio, così il vuoto e il silenzio che accolgono chi non è più una pedina su una scacchiera anonima, ma quasi un protagonista di un intrigo internazionale. Per spiegarci meglio, sarebbe come chiedere a un attore, che ha recitato nella maniera più perfetta e grandiosa la parte più difficile al mondo, di rinunciare agli applausi.
E, ecco perché, gli applausi si scatenano inevitabilmente da parte di milioni di persone, quando il sipario viene abbassato sulla storia di questa spia.
Mario Monti

Good - Piero Golia c'era, olio su tela 2012 - Gianluca Salvati


lunedì 11 febbraio 2013

Cantanti neomelodici e mafia | Franco de Vita & Minerva Valletta - Anna Grazia Greco - Agustin Codazzi Caracas

Il noto cantante italo venezolano Franco de Vita originario di Pellare in provincia di Salerno è il cugino di Minerva Valletta.  
Franco de Vita & Minerva Valletta
Minerva Valletta è una delle factotum dell'associazione senza scopo di lucro (conto cifrato su banca Svizzera: Credìt Suisse, filiale di Lugano) associazione Agustin Codazzi di Caracas.
Minerva Valletta è la moglie del signor Bagordo, autista dell'Ambasciata italiana a Caracas ed è la cognata della señora Baffone, avvocato e factotum dell'associazione Agustin Codazzi.

Collegio Agustin Codazzi - Caracas: la señora Baffone
Quando sono stato chiamato ad insegnare in nero alla scuola dell'associazione Agustin Codazzi di Caracas dalla dirigente Mae (Ministero Affari Esteri), Anna Grazia Greco, sono capitato nella classe dove c'erano i figli di Minerva Valletta e della señora Baffone. Avendo avuto modo di conoscerle, ho potuto in seguito definirle: “gemelline dell'intrigo”. Gli intrighi a cui faccio riferimento sono quelli concordati con qualcuno all'interno delle istituzioni locali: Consolato Generale d'Italia e Ambasciata d'Italia, in particolare.


Nulla dies sine linea, motto massonico del Collegio Agustin Codazzi di Caracas
Nel 2004, l'anno in cui sono stato chiamato in nero, senza contratto e senza contributi, dalla dott.ssa Anna Grazia Greco del Ministero degli Esteri, il noto cantante italo venezolano Franco de Vita aveva licenziato il disco Stop, con all'interno alcuni singoli di grande successo. Il titolo del Cd fa riferimento alle violenze contro le donne, che anche in Venezuela sono una piaga sociale. Nulla da obiettare sui buoni propositi di questa gente che dimostra una delicata sensibilità nel tempo libero, quando non sono impegnati a fare fuori il loro prossimo...

Come ho scritto, ero stato convocato da una dirigente del Ministero degli Esteri, ma stavo lavorando in nero, evidentemente da quelle parti è previsto da qualche legge non scritta che si possa lavorare senza contratto e senza contributi, dico lavorare perché si lavora per vivere, ma in questo caso è più corretto dire che lavoravo per morire (per quei porci fascisti!)... Infatti, in assenza di documenti ufficiali e senza tutele, e in mancanza di un ricorrente, ritorna fin troppo facile ricamare storie fantasiose e di convenienza sulla vita di qualcuno, tanto per dare un tocco di naturalezza ad eventi di innegabile matrice manipolatoria e dolosa.
Mi permetto quest'inciso solo perché è ciò che mi è capitato a fine dicembre del 2004. Ero già clandestino a tutti gli effetti e mi sono “beccato” un avvelenamento. Caso volle che mi salvassi.

Clandestino e moribondo(dic04), olio su tela - Gianluca Salvati 2005 Caracas- Piero Golia
Nel 2010 il noto cantante italo venezolano Franco de Vita è stato decorato Commendatore della Repubblica italiana durante una cerimonia al centro Italiano Venezolano.

sabato 9 febbraio 2013

Storia di un quadro: "Il sassofonista" | Piero Golia - Il viaggio a New York: corso di aggiornamento

Nei primi mesi del 1997, Piero Golia si recò a New York per un viaggio di acculturazione sull'arte a stelle e strisce. Quando ritornò in Accademia, disse che aveva visto un quadro simile al mio Sassofonista in una galleria di New York. Mosso da curiosità per la coincidenza, Piero Golia aveva chiesto il prezzo del quadro, perché, aggiunse, in America anche chi veste come uno straccione in realtà può essere un ricco in incognito...

Sassofonista (1997) uguale al quadro visto da Piero Golia





Ebbene: Piero Golia disse che quel quadro così simile al mio Sassofonista costava $10.000. Diecimila dollari! Però...

venerdì 8 febbraio 2013

La voce d'Italia, Caracas | Maracaibo, ucciso il capo dell’antisequestro - Enrico De Simone

MARACAIBO – Guglielmo De Franceschi, comandante del gruppo unificato antisequestri nello Zulia, cittadino italiano, è stato assassinato sabato sera da tre killer che lo hanno freddato mentre si trovava a cena in un locale pubblico. La Polizia Regionale ha parlato di “tentativo di rapina”, ma i testimoni non ci credono: quello a cui abbiamo assistito, affermano, è sembrato più un omicidio su commissione. L’ambasciata italiana, appresa la notizia, ha espresso il suo più profondo cordoglio per la perdita di un funzionario capace e leale, con il quale tante volte ha collaborato nei casi di sequestro che hanno coinvolto connazionali. Attualmente, De Franceschi – sposato con figli – rappresentava il contatto tra l’esperto antisequestri dell’ambasciata e le autorità venezuelane relativamente al caso di Giacomo Cunsolo, il cittadino italiano rapito a marzo nello Zulia. 

Secondo quanto riferito dal quotidiano edito a Maracaibo “Panorama”, De Franceschi, da sei mesi comandante del Grupo Antiextorsión y Secuestros (Gaes) del Comando Regional número tres (“Core 3”), tenente colonnello della Guardia Nacional, è stato ucciso da dieci colpi d’arma da fuoco alle 8.50 di sabato sera, mentre si trovava in un locale di cucina araba del centro commerciale North Center di Maracaibo, poco distante dalla sede del Core 3. Testimoni hanno riferito che la vittima era arrivato da poco, in compagnia di una donna la cui identità non è stata resa nota. Jesús Alberto Cubillán, direttore della Policía Regional (PR), ha dichiarato che, al momento, si ritiene che De Franceschi sia vittima di un tentativo di furto da parte di soggetti che volevano impossessarsi del fuoristrada Ford Explorer con cui l’ufficiale si era recato sul posto. “A quanto sappiamo, De Franceschi è stato intercettato da diversi uomini mentre stava mangiando – ha detto Cubillán – presumiamo che gli hanno chiesto le chiavi dell’auto”. Ha quindi aggiunto che non è noto se il tenente colonnello, che era in borghese, abbia estratto l’arma di servizio, o se abbia tentato una reazione. Alcuni commercianti della zona, però, propendono per l’ipotesi del delitto su commissione: “Il fuoristrada si trovava piuttosto lontano dal ristorante, e gli assassini non hanno mai dato l’impressione di essere interessati al veicolo – ha detto un testimone. – Lo hanno preso per il collo, gli hanno sparato tra le costole e lo hanno terminato quando era steso per terra”. Un racconto assai crudo, che però non coincide con un’altra testimonianza secondo cui gli assassini non sono neanche scesi dalla loro auto; passando davanti al tavolo di De Franceschi lo hanno chiamato per nome, e al suo voltarsi lo avrebbero crivellato con almeno dieci colpi di pistola. La Guardia Nacional e Polimaracaibo – la polizia cittadina – non si uniformano al giudizio della PM, e parlano apertamente di furto o “sicariato”.
La Voce d'Italia, 24 agosto 2008 da Enrico De Simone - 25/8/08


mercoledì 6 febbraio 2013

Carlo Fermi, La Voce d'Italia - Caracas | Imprese, così l'Italia in Venezuela

CARACAS – La presenza delle imprese italiane in Venezuela è piuttosto diffusa considerata anche la grande comunitá italiana residente nel Paese.

Gli investimenti italiani si concentrano in diversi settori prioritari dell’economia tra i quali:

Petrolchimica: Snamprogetti ha realizzato diversi impianti di fertilizzanti e un impianto di urea e ammoniaca grass-roots. L’ENI ha firmato un accordo riguardante l’area occidentale del Golfo di Paria per l’esplorazione del gas e del petrolio oltre a detenere una quota del 40% nella partnership con la società petrolífera internazionale CONOCO. L’ENI ha inoltre acquistato la società petrolífera britannica LASMO (ENI DACION), ma attualmente si trova in disputa per lo sfruttamento dell’area di Dacion, a causa del passaggio forzato ad un regime di proprietà mista imposto dal governo venezuelano, in cui la PDVSA possiede la maggioranza azionaria.

Infrastrutture: Astaldi, Ghella-Sogene, Trevi SpA, Impregilo partecipano in diversi lavori tra cui la costruzione della prima tappa del sistema integrale di collegamento ferroviario Caracas-Puerto Cabello, nonché della seconda fase del progetto che riguarda il tratto Puerto Cabello-La Encrucijada, la Metropolitana Caracas-Los Teques e quella di Valencia. Il Gruppo Techint è invece presente in Venezuela dal 1957 nei settori dell’ingegneria industriale e siderurgico, mentre il Gruppo Trevi, anch’esso molto attivo nel Paese, fornisce servizi e macchine per la perforazione del sottosuolo. L’Ansaldo sta partecipando a due importanti licitazioni: per la trasformazione a gas di una centrale termoelettrica e di una sottostazione.

Trasporti: nel settore dei veicoli industriali è presente la Iveco, che sta attualmente ampliando il proprio impianto  d’assemblaggio che permetterà di aumentare la produzione del 10%. La Fiat ha trasferito l’attività produttiva in Brasile nel 1999, mantenendo una quota nel mercato venezuelano degli autoveicoli del 6%. Nel settore dei pneumatici la Pirelli gioca un ruolo fondamentale dal 1990, anno in cui ha rilevato il pacchetto maggioritario della ditta Neumaven (ex tecnologia Uniroyal) realizzando investimenti pari a 80 milioni di USD.

Difesa: la ditta Alenia ha recentemente raggiunto accordi con il ministero della Difesa per la fornitura di apparati per navi della marina militare nazionale e radar destinati al settore civile. La Fincantieri e la Otomelara sono in gara per l’affidamento di importanti commesse nel settore navale e degli armamenti della marina militare venezolana

Acciaio e Alluminio: la Danieli ha recentemente firmato con l’impresa statale venezolana CVG (Corporación Venezolana de Guayana) un accordo per la realizzazione di un’impresa mista, a maggioranza venezolana, per la costruzione di un grande complesso siderurgico che produrrà laminati d’acciaio di alta qualità. La FATA ha anch’essa firmato recentemente un protocollo d’intenti per la realizzazione di un progetto per la modernizzazione degli impianti di produzione di laminati in alluminio della impresa CVG-ALCASA, sussidiaria della Corporación Venezolana di Guayana.

Agroindustria: La Parmalat ha acquistato la società lattiero casearia statale INDULAC e ha realizzato altri investimenti pari a circa 17 milioni di USD in impianti di produzione, distribuzione e fornitura di assistenza tecnica agli allevatori. Il piano di ristrutturazione, prevede che la Parmalat de Venezuela continui ad operare come parte del gruppo italiano, anche se con dimensioni più ridotte, dato che è stata resa nota l’intenzione della ditta di vendere due suoi impianti per la lavorazione del latte in polvere, considerato un prodotto con scarsi margini di guadagno.

Telecomunicazioni: nel gennaio 2006 è stato annunciato l’acquisto della Digitel da parte della “Organizacion Cisneros” in cambio di un corrispettivo di 425 milioni di dollari. L’operazione dovrebbe costituire il primo passo verso la formazione di un conglomerato, diretto dalla stessa Digitel, che dovrebbe conservare il suo “top management” italiano e che continuerebbe ad utilizzare  la tecnologia e gli apparati della TIM per offrire i suoi servizi di telefonia su tutto il Venezuela. Telecom Italia era divenuto unico proprietario, rilevando le azioni di minoranza del terzo operatore, nel settore nel 2004.
 La Voce d'Italia, 09 maggio 2006 da Carlo Fermi-10/5/06


Carlo Fermi - La Voce d'Italia, 10/5/2006

domenica 3 febbraio 2013

Consorterie: Lucia Veronesi e la cricca Codazzi | Verso una soluzione dell’empasse Codazzi? - Piero Armenti & Minerva Valletta - Anna Grazia Greco

CARACAS- L’odissea della Codazzi continua. Venerdì 5 settembre i genitori e la giunta direttiva si sono incontrati nelle installazioni della scuola. Una riunione infuocata, cui ha preso parte anche la direttrice didattica dell’ambasciata, Anna Grazia Greco. Il nuovo responsabile amministrativo, Eleonora Vaccaro, ha presentato su lamine power point  lo stato finanziario della più antica delle scuole italiane in Venezuela. Con numeri e grafici ha mostrato come la Codazzi è in difficoltà economiche, ma chiedere soccorso allo Stato italiano è inutile. Il contributo che arriva è vincolato agli stipendi dei professori italiani, non dovrebbero comunque arrivare più di cinque giovani insegnanti. Che la Codazzi debba fare da sé, lo ha confermato anche Anna Greco. Ha ribadito come questa sia una scuola paritaria ma non statale, quindi rilascia titoli validi in Europa, ma economicamente deve sostenersi da sola.
 
Si è cercato di ricucire lo strappo tra la giunta direttiva guidata da Giovenco (oramai a fine mandato) e i genitori “ribelli”, guidati da Minerva Valletta. Sono stati quest’ultimi l’anno scorso a decidere di non pagare le rette, dopo che vennero raddoppiate nel giro di un anno, a distanza di tre mesi: settembre poi dicembre.


Minerva Valletta, factotum della Giunta Direttiva del Codazzi
Quattro, cinque famiglie hanno poi impuntato i piedi, si sono rivolti al ministero dell’Educazione venezolano per ottenere il blocco dell’aumento.La retta da pagare adesso è circa 770 BsF, non potrà essere modificata durante l’anno. Nel caso ce ne fosse bisogno, verranno concordati contributi aggiuntivi con i genitori.


Piero Armenti, La Voce d'Italia - Caracas
I problemi principali da affrontare ora sono due. Le spese legali per fare ricorso contro il ministero dell’Educazione, circa 200.000 BsF. Soldi che purtroppo graveranno sulle spalle dei genitori. Bisogna poi verificare caso per caso chi ha saldato i debiti dell’anno passato, si procederà poi all’iscrizione. Intanto riapre  regolarmente la scuola, a partire da martedì 8 settembre.

Pubblicato il 07 settembre 2008 da Piero Armenti - 7/9/08 

venerdì 1 febbraio 2013

America Latina - Opus Dei & company | Neocatecumeni: Franco Chirico & Kiko Arguello | Enrico Cajati: "Volto santo"

Mentre  Roma spendeva le sue energie “migliori” per annientare l'eresia anomala della teologia della liberazione, i suoi avversari nel continente latinoamericano – l'Opus Dei in primis – lavoravano alacremente. I risultati si vedono a occhio nudo: oggi l'America Latina è ancora teatro bellico di una guerra religiosa estremamente complessa, in cui si combattono tra loro non solo religioni diverse, ma sette e gruppi che rappresentano interessi economici.
Per farsi un'idea delle forze dispiegate sul campo, vale la pena di riportare i dati forniti da Maurizio Stefanini in un saggio pubblicato su “Limes”: “La nuova evangelizzazione di Giovanni Paolo II si sta manifestando soprattutto come restaurazione della disciplina “tridentina”: nomina di vescovi soprattutto amministratori; insistenza sulle vocazioni tradizionali e sulla formazione secondo un modello tradizionale; ripristino della disciplina nella liturgia, nella catechesi, nell'organizzazione. […] Il Vaticano si rende conto della necessità di coinvolgere laici. Ma preferisce ricorrere a strumenti di aggregazione più “affidabili” delle comunità di base. Ad esempio l'Opus Dei, che in America Latina conta su 10 vescovi e 35.000 membri (la metà del totale). I Cursillos de Cristianidad, che già esistevano ma si sono particolarmente sviluppati in questi ultimi anni. Gli Incontri degli sposi con Cristo, che sono in crescita vertiginosa. Il movimento dei Focolarini, che era presente fin dagli anni Sessanta, ma ora è cresciuto fino a contare migliaia di aderenti a tutti i livelli. Il Movimento neocatecumenale, che è presente in quasi tutti i paesi […]. Comunione e Liberazione, che è pure presente in molti paesi, ed è fortissima a livello editoriale. Il Movimento di Schonstatt, cui fanno capo due vescovi cileni, e che è ben attestato anche in Argentina. Ma la grande forza è quella del Rinnovamento carismatico, ormai forte di milioni di aderenti. Una forza che è anche una debolezza. Il movimento carismatico non è che l'applicazione del pentecostalismo al cattolicesimo. Per sopravvivere, anche la Chiesa neotridentina di Giovanni Paolo II deve cedere al grande nemico”. (Geopolitica dell'avanzata protestante in America Latina, Maurizio Stefanini - “Limes”, n.3 giugno-agosto 1993)
In questo clima di “mercato delle anime”, le capacità organizzative dell'Opus Dei hanno trovato grande spazio.
[…] La gerarchia ecclesiastica – soprattutto in America Latina – è di per sé una casta, originata in una società precapitalistica e oggi sradicata dalle relazioni sociali di stampo capitalistico. La Chiesa cattolica, inoltre, è il più grande singolo proprietario di beni al mondo. Ecco perché il Vaticano ha dato supporto – sia pure indiretto – a dittatori sanguinari dell'America Latina, i quali difendevano la proprietà capitalistica, ma si opponevano a regimi di ispirazione marxista basati sulla proprietà nazionalizzata.
Opus Dei segreta, Ferruccio Pinotti

Franco Chirico, ha la famiglia a Caracas, l'ho scoperto quando sono stato chiamato ad insegnare per la scuola "Agustin Codazzi" di Caracas. Curiosamente, la famiglia di Franco Chirico, vive proprio nel quartiere dove c'è questa scuola del Codazzi. Altrettanto curiosamente, ho trovato casa proprio a poca distanza dalla villa "Quinta Leoncita", dove vive la famiglia di Franco Chirico a Chapellin, nel quartiere della Florida.
Franco Chirico è l'editore di punta del Cammino Neaocatecumenale ed amico di Kiko Arguello, fondatore dei Neocatecumeni.

Volto santo, olio su tela - Enrico Cajati

domenica 18 novembre 2012

Franco Frattini - Mariastella Gelmini, segnalazione del caso Codazzi, scuola "Agustin Codazzi" di Caracas: associazione senza fini di lucro con conto cifrato su banca svizzera - Credit Suisse, filiale di Lugano

Gianluca Salvati  | via ...... - 22100 Como  |  cell. .........  |  email: ........
Ministero degli Esteri
Palazzo della Farnesina
Roma
e.p.c. Ministero dell'Istruzione


Spett.le ministro, mi chiamo Gianluca Salvati sono un maestro di scuola primaria che ha insegnato all'estero. Ho lavorato dal 2003 al 2004 a Casablanca (Marocco) e dal 2004 al 2006 a Caracas (Venezuela). Essendo stato chiamato da funzionari del suo ministero mi piacerebbe avere chiarimenti in merito ad alcune vicende:

  • Vorrei sapere dove sono i contributi di quei 3 anni di insegnamento, dato che NON HO AUTORIZZATO NESSUNO A DERUBARMI.
  • Come mai il 29/08/2008, all'ambasciata italiana di Caracas, mi è stato riservato un trattamento da PERSONA NON GRADITA? Non ho mai commesso reati e pago regolarmente le tasse!
  • Per quale motivo, nei giorni successivi al 30/08/2008, impiegati della Farnesina contattati dai miei familiari, hanno osato mettere in dubbio il mio equilibrio psichico ?

Distinti saluti
Como, 06/10/2010



domenica 23 settembre 2012

Piero Armenti - Premio Italia 2005, Caracas | Le Pharaon: autoritratto a la Che Guevara

Nel mese di giugno si inaugurò la mostra collettiva dei vincitori del premio Italia. Il premio era bandito dall'ambasciata italiana di Caracas con il nobile intento di divulgare l'ingegno italiano nel mondo, ecc. ecc...
Avevo inviato un lavoro per partecipare alle selezioni. La tela era Le Pharaon, autoritratto da moribondo. Dopo il natale del 2004, causa un avvelenamento, stavo per tirare le cuoia proprio lì, a Caracas. Il quadro l'avevo dipinto nei mesi successivi, in piena convalescenza.

Le Pharaon, olio su tela - Gianluca Salvati 2005

  Il lavoro era stato scartato e non sarebbe stato esposto alla mostra collettiva. La decisione della giuria era insindacabile ed io avevo abbastanza esperienza per comprendere i significati occulti di un'iniziativa a nome di un Paese notoriamente antimeritorio come l'Italia odierna. Anche se non c'erano motivi che mi portassero a credere a una prospettiva diversa lì a Caracas, mi recai all'inaugurazione sgomberando la mente da pregiudizi: magari mi apprestavo a scoprire dei veri talenti dell'arte...
All'evento c'era tutta la gente che contava, parlo dei connazionali, tutta un'Italia da esportazione. La selezione degli artisti del premio, a cura di Anna Grazia Greco, era piuttosto deprimente: una vomitevole pastetta. Quella esposizione diceva tanto sia sul livello culturale, sia sugli intrallazzi di chi selezionava. Ciononostante non mi sarei sognato di spendere una sola parola sul modo in cui certa gente sperpera il denaro pubblico: non sono affari miei.
Ho una regola molto semplice, ma efficace: vivi e lascia vivere.
Per questo stesso motivo divento intrattabile quando mi si pestano i piedi.

Il primo premio andò a un tipo che avrei definito un tappezziere pop. Costui si atteggiava a divo, pavoneggiandosi nel soprabito di pelle alla Matrix (lì ai tropici). I suoi lavori non erano dissimili da come egli stesso si presentava: una sorta di cuscini in similpelle con disegni manga. Cose trite e ritrite, ma il personaggio gongolava nel suo ruolo e si godeva i suoi 5 minuti scarsi di notorietà.


Storia dell'intreccio politico mafioso in Italia | Eduardo Giacchetti e Gennaro Aliberti


Allora non lo sapevo, ma nella smorfia della mia famiglia, il tappezziere ha un posto di rilievo. Richiama la vicenda del giornalista-tappezziere Eduardo Giacchetti finito in carcere per aver denunciato le malefatte di un noto politico-delinquente, l'onorevole Gennaro Aliberti.

Premio Italia 2005 - Piero Armenti - L'intermezzo, il buttafuori | Paolo Scartozzoni, funzionario Mae

 Premio Italia '05 | Poco prima della presentazione dell'evento, il console e l'ambasciatore comunicavano fra loro piuttosto preoccupati, sembrava si stessero confessando... (In seguito ho capito che, essendo male informati, erano prevenuti proprio nei miei confronti).
Non passò molto tempo che mi si oscurò la luce: un bestione di buttafuori locale, una montagna, mi si parò davanti.
Mi parve un evento surreale...
Che cazzo significava?

Tempo addietro avevo criticato sia la delegazione interministeriale italiana capitanata dal guitto di regime, Paolo Scartozzoni, sia il console, nell'auditorium del Codazzi, la scuola dove insegnavo.
In quell'occasione avevo mosso delle precise critiche e molta della rabbia mi derivava dalla percezione di un qualche inganno, come un'avvisaglia di frode, a proposito di quell''accidente che mi stava stroncando pochi mesi prima e dalla consapevolezza che la mancanza di chiarezza celasse una situazione decisamente truffaldina. Di fatto, avevo perso decisamente perso la pazienza nei confronti di quella gente che sapeva solo pretendere...

Un cavaliere un po' stronzetto
Di fatto, non si capiva perché al 10 di marzo eravamo ancora senza contratto di lavoro, ed io, come se non bastasse, ero anche clandestino (ma questo lo scoprirò solo in seguito).
Non c'è dubbio che fu la voce della verità a parlare per me. Sono certo che allora nessuno di loro lo ignorasse. Intendo dire nessuno dei rappresentanti istituzionali, in particolare colui che più si comportò da stronzetto su quel palco. Indovinate di chi sto parlando (se avete bisogno di un indizio, vi dico che quello stronzetto è un decorato, un cavaliere per la precisione: un cavaliere un po' stronzetto)...

Tornando al console e all'ambasciatore quella sera del Premio Italia 2005, loro erano prevenuti nei miei confronti e non perché fossero persone malvage, al contrario, avendoli conosciuti entrambi ho capito che erano due persone a posto, ma quel giorno all'inaugurazione erano semplicemente male informati, dato che qualcuno stava spargendo, invano, diffamazione, dopo aver sparso, inutilmente, veleno...

Il profilo del tipo di persona di cui sto parlando è di qualcuno che sia accreditato presso le istituzioni, accreditato e con licenza di raccontare cazzate, beninteso, senza doverne rispondere.
Come qualcuno appartenente ai servizi segreti... una checca di regime, per intenderci.
Una fottuta checca del fottuto regime!

La cricca Codazzi: associazione culturale senza scopo di lucro e il conto cifrato su banca svizzera, Credit Suisse, filiale di Lugano | Il rintorno a scuola

Quando ritornai a scuola nel gennaio 2005, ero bianco come un lenzuolo (parole di chi mi vide), in pratica un fantasma: avevo avuto la maggior parte dei valori ematici vicini allo zero. O giù di lì, comunque sfasati. 
La scuola era un autentico formicaio, con quattro ordini di studio, dalla materna alle superiori: centinaia di persone poterono constatare le mie condizioni di salute durante l'usuale alzabandiera del mattino. Eppure, quando mossi le mie critiche a quei signori, non tirai in ballo l'avvelenamento, pensando che fosse stato un incidente privato ed ignoto agli altri. Ma quel trattamento, tra l'insolente e lo strafottente, da parte della gente per cui lavoravo, non lo riuscivo a digerire in nessun modo. Mentre la commissione si compiaceva di compartire la stessa visione del mondo di quell'onorata associazione del Codazzi: quattro delinquenti patentati. Quei signori si definivano associazione culturale senza fini di lucro, dimenticando l'aspetto più interessante della loro congrega, ovvero il conto cifrato su banca Svizzera, Credit Suisse, (filiale di Lugano). 
A quelli della commissione ministeriale, quei quattro pagliacci in trasferta capitanati dal guitto di regime Paolo scartozzoni, gli dissi un po' di cose. Senza trascendere, dato che sono un signore.
Ma all'inaugurazione del Premio Italia, quella questione era per me bella e sepolta. 
Ero lì come semplice visitatore e la presenza intimidatoria di quel buttafuori era fuori luogo...
Di fatto qualcuno mi stava comunicando di avere la coda di paglia. 

Le soluzioni sbirresche sono spesso dei boomerang, specialmente quando sono così sproporzionate e sfacciatamente immotivate. Tante persone per bene stavano assistendo ad un pessimo spettacolo di abuso di potere, senza un casus che potesse giustificarlo. Anche la politica più bieca e infame deve fare i conti con questa realtà, specialmente quando cerca di darsi una patina di rispettabilità.

Fax-art, marzo 06, Caracas - Gianluca Salvati ©

Premio Italia, 2005 - Caracas | Piero Armenti, il barbone

Il bestione dovette ragionare in fretta e, dopo un rapido sguardo a me, si rivolse ad un barbone che si trovava in compagnia di una ragazza, poco distante da me. Cosicché, tra tante barbe finte, ecco spuntare una barba vera. Una barba incolta memore di un certo tipo di intellettuale di sinistra degli anni '70. Ma il tipo, a parte la barba, aveva il resto del look assolutamente destrorso. Il bisonte gli ringhiò qualcosa e lui gli rispose con un ringhio simile. Non mi preoccupai di capire cosa si stessero comunicando, in fin dei conti "parlavano la stessa lingua". Dopo questo scambio, il bestione si andò a parcheggiare altrove e la serata continuò con lo stesso senso di inutilità con cui era cominciata, ma senza ulteriori intermezzi.

Testa, stsmpa su giornale - La Voce d'Italia © - Gianluca Salvati

Premio Italia 2005, Caracas | Piero Armenti & M. - Anna Grazia Greco

La sera successiva una collega con cui avevamo appuntamento, si tirava dietro quel barbone e ce lo presentò. Costui era Piero Armenti, un aspirante giornalista che si trovava in Venezuela da circa un anno per fare pratica. La nostra collega, M., era venuta in Venezuela nel mese di febbraio del 2005, quando la dirigente, Anna Grazia Greco, a metà anno scolastico, casualmente, si era resa conto che la scuola aveva bisogno di un'altra insegnante. Per pura coincidenza (aveva una possibilità su 3 milioni), M. si trovò ad abitare proprio vicino a questo giornalista. M. aveva avuto difficoltà a trovare casa: tutti i locatari da lei contattati, al momento di formalizzare i contratti, svanivano con delle scuse banali. Un bel mistero, frutto dellle arti magiche di certa diplomazia.