L'usciere
aprì la porta, e si fece da parte. I piedi di Mr. Verloc ebbero la
sensazione di trovarsi su di uno spesso tappeto. La stanza era grande e
aveva tre finestre; ed un giovanotto con un faccone sbarbato, seduto in
un'ampia poltrona davanti ad una spaziosa scrivania di mogano, disse in
francese al Cancelliere d'Ambasciata, che stava uscendo con dei
documenti in mano.
"Hai proprio ragione, mon cher. È grasso - il bestione."
Mr.Vladimir,
Primo Segretario, godeva nei salotti della fama di uomo piacevole e
divertente. Il suo spirito consisteva nello scoprire buffi punti di
contatto tra idee incongrue; e quando parlava in questa vena si sporgeva
tutto in avanti sulla poltrona, con la mano sinistra sollevata, come
per mostrare le sue spiritose dimostrazioni racchiuse tra il pollice e
l'indice, mentre il faccione rotondo e ben rasato assumeva
un'espressione di divertito imbarazzo.
Ma
non c'era traccia di divertimento o di imbarazzo nel modo in cui
guardava Mr. Verloc. Comodamente adagiato all'indietro sulla poltrona,
con i gomiti allargati ad angolo retto, una gamba disinvoltamente
accavallata sul ginocchio robusto, e quell'aspetto liscio e roseo, aveva
l'aria di un bambinone cresciuto in modo abnorme che non ha la minima
intenzione di tollerare sciocchezze da qualsiasi parte vengano.
"Lei capisce il francese, suppongo?", disse.
Mr.
Verloc mise in chiaro con voce rauca che sì, lo capiva. Tutta la gran
mole del suo corpo era inclinata in avanti. Stava in piedi sul tappeto
nel mezzo della stanza, tenendo ben saldi il cappello e il bastone in
una mano; mentre l'altra pendeva inerte lungo il fianco. Borbottò con
molta discrezione qualcosa dal profondo della gola circa l'aver fatto il
servizio militare nell'artiglieria francese. Subito, con dispregiativa
malvagità, Mr. Vladimir cambiò lingua e cominciò a parlare in un inglese
colloquiale senza la minima traccia di accento straniero.
"Ah,
Sì. Naturalmente. Vediamo. Quanto vi hanno dato per aver sottratto il
progetto del nuovo otturatore del loro cannone da campo?"
"Cinque anni di carcere duro in una fortezza." Rispose subito Mr. Verloc, senza mostrare peraltro alcun segno d'emozione.
"Ve
la siete cavata facilmente", fu il commento di Mr. Vladimir. "E,
comunque tanto peggio per voi che vi siete fatto prendere. Che cosa vi
ha spinto a mettervi in questo genere di cose - eh?"
Si
udì la voce roca di Mr. Verloc, quella col tono da conversazione,
parlare di gioventù, di una infatuazione fatale per un'indegna...
"Ah, Cherchez la femme",
Mr. Vladimir si degnò di interrompere, rigido e senza cortesia;
piuttosto c'era in quella sua condiscendenza un tono di malignità.
"Quanto tempo è che siete alle dipendenze di questa ambasciata?, chiese.
"Dall'epoca
dell'ultimo barone Scott-Warteheim", rispose Mr. Verloc in tono
sottomesso, atteggiando le labbra in segno di tristezza per il defunto
diplomatico. Il Primo Segretario osservò freddamente questo gioco della
fisionomia.
"Ah, da allora... Bene! Cosa avete da dire?", chiese, bruscamente.
Mr.
Verloc rispose con una certa sorpresa che non gli risultava di avere da
dire nulla in particolare. Era stato convocato con una lettera. E si
affrettò ad infilare la mano nella tasca laterale del soprabito, ma
davanti allo sguardo cinico e pieno di scherno di Mr. Vladimir, decise
di lasciarla dove si trovava.
"Bah!",
disse quest'ultimo. Che senso ha uscire in questo modo dal vostro
stato? Non avete nemmeno il fisico della vostra professione. Voi - un
membro del proletariato morto di fame. Mai! Voi - un disperato
socialista o anarchico - quale dei due?"
"Anarchico", precisò Mr. Verloc in tono bassissimo.
"Fesserie!",
continuò Mr. Vladimir senza alzare la voce. "Avete spaventato perfino
il vecchio Wurmt. Non ingannereste un idiota. E sì che capita di
incontrarne ogni tanto, ma voi siete semplicemente impossibile. Così
avete iniziato i vostri rapporti con noi rubando i progetti del fucile
francese? E vi siete fatto prendere. Deve essere stato molto spiacevole
per il nostro Governo. Non avete l'aria di essere molto intelligente."
Mr. Verloc cercò di scusarsi a mezza voce.
"Come ho avuto modo di osservare prima, un'infatuazione fatale per un'indegna..."
Mr. Vladimir sollevò una manona bianca e grassoccia.
"Ah,
sì. La sfortunata passione... della vostra gioventù. Si è presa il
vostro denaro, e poi vi ha rivenduto alla polizia... o sbaglio?"
Il
doloroso mutarsi della fisionomia di Mr. Verloc, l'abbandono per un
attimo di tutta la sua persona, rivelarono che tale era stato il
riprovevole caso. La mano di Mr. Verloc afferrò caviglia appoggiata al
ginocchio. Il calzino era di seta blu scuro.
"Vedete, non è stato molto intelligente da parte vostra. Forse vi commuovete troppo facilmente."
Mr. Verloc con un mormorio soffocato della gola lasciò capire che non era più giovane.
"Oh!
Quello è un difetto che l'età non guarisce", notò Mr. Vladimir con
maligna familiarità. "Ma no! Siete troppo grasso per questo genere di
cose. Non avreste potuto arrivare ad avere questo aspetto se foste stato
in qualche modo vulnerabile. Ve lo dico io quello che ritengo sia il
problema; voi siete un pigro. Quanto tempo è che spillate lo stipendio
all'Ambasciata?"
"Undici
anni", fu la risposta dopo un momento di riflessione cupa. "Sono stato
incaricato di molte missioni a Londra mentre Sua Eccellenza il Barone
Stott-Wartenheim era ancora ambasciatore a Parigi. Poi, secondo le
istruzioni di Sua Eccellenza, mi sono stabilito a Londra. Io sono
inglese."
"Davvero! Siete inglese?"
"Suddito di cittadinanza britannica", ribadì ostinatamente Mr. Verloc. Ma mio padre era francese, e così..."
"Non
c'è bisogno di spiegazioni", interruppe l'altro. Foste stato un
Maresciallo di Francia o un Membro del Parlamento in Inghilterra...
allora, sì che almeno sareste stato di qualche utilità per
l'Ambasciata."
Quel
volo di fantasia produsse sul volto di Mr. Verloc qualcosa di molto
simile a un debole sorriso. Ma Mr. Vladimir mantenne la sua
imperturbabile severità.
"Ma,
come ho già detto, siete un pigro; non sfruttate le occasioni. Al tempo
del barone Stott-Wartenheim c'era una quantità di gente di poco
cervello a dirigere l'Ambasciata. Sono stati loro ad indurre la gente
come voi a farsi un'opinione sbagliata della natura dei capitali del
servizio segreto. È mio compito correggere questo equivoco dicendovi
quello che il servizio segreto non è. Non è un'istituzione filantropica.
Vi abbiamo fatto chiamare apposta per dirvelo molto chiaramente."
L'agente segreto - Joseph Conrad
|
A fat man |